L'eredità di Jakob Bindel by Bernice Rubens

autore:Bernice Rubens [Rubens, Bernice]
La lingua: ita
Format: epub
editore: astoria
pubblicato: 2020-07-07T22:00:00+00:00

PARTE TERZA

Il libro di Benjamin e David

18

Germania. La patria fortuita della quarta generazione dei fratelli Bindel. La parola Germania non è una buona parola per gli ebrei, né mai lo sarà. Quanto è accaduto in quel paese all’epoca della quarta generazione tracciabile dei Bindel fu un profluvio di orrore al di là di qualunque immaginazione umana. Pertanto quella vicenda non ricade nell’ambito del perdono umano. E per quella mancanza di perdono, fino alla fine dei tempi, non c’è bisogno di scusarsi. Mai.

Ma quel profluvio era ancora di là da venire e gli anni del primo dopoguerra in Germania passarono a fare le prove. Negli anni venti, il paese soffriva per la depressione postbellica che aveva colpito negativamente l’intera nazione sconfitta. Per Leon e Greta Bindel, che di loro e all’epoca dei loro progenitori erano passati da una catastrofe all’altra, le privazioni non erano state eccessivamente preoccupanti. Leon Bindel non si sentiva personalmente sminuito dalla sconfitta, come la gran parte dei suoi compatrioti. Leon non era mai stato un tedesco patriottico. Se provava qualche forma di patriottismo, i suoi sentimenti ruotavano intorno al paese della sua infanzia, per crudele che fosse, perché in quel paese riposavano le ossa delle persone che aveva amato. E quel patriottismo Odessa lo divideva con il paesino di Senghenydd, per lo stesso motivo. Anche Greta aveva la stessa mentalità non patriottica e la loro vita insieme era tranquilla, felice e libera dalle frustrazioni dell’animo sconfitto. La pellicceria, anche negli anni del dopoguerra, continuò a consentire a Leon di guadagnarsi bene da vivere. David e Benjamin erano bene avviati a scuola e nell’arco di due anni avrebbero potuto festeggiare il bar mitzvah di David.

Un unico evento guastò la placidità delle loro vite. Poco dopo il matrimonio di Chaya, un’epidemia di influenza spagnola infuriò per tutti i porti d’Europa e Zelda, con la sua salute di ferro, ne era stata una delle prime vittime. Leon era tornato a Cardiff rispondendo al telegramma urgente di Aaron. Sul treno, in nave e di nuovo sul treno aveva pregato che resistesse a morire fino al suo arrivo. Era stato privato dell’addio a suo padre e quella privazione aveva alimentato la sua incredulità e prolungato la sua sofferenza. Pregò di vederla ancora viva, per poterle tenere la mano finché fosse morta. Per vedere quella mano allentarsi mentre la vita rifluiva via, sapere, vedere, udire, sentire al di là di ogni ombra di dubbio che sua madre era morta. E poi, con quella consapevolezza dolorosa, concedere tempo al tempo per guarire. Aveva raggiunto la casa di suo fratello e la porta d’ingresso era aperta, affinché nessun ostacolo ritardasse il suo arrivo. Nella casa c’era un odore di mortalità che lui fiutò, e corse di sopra da dove proveniva. Zelda giaceva lì, a lottare con la morte che la invadeva, pur di resistere fino al suo arrivo. Leon le prese la mano e lei gliela strinse, mentre un lieve sorriso le increspava le labbra a fatica. “Ti voglio bene, Leon,” disse, e lui vide il sorriso svanire e la sua mano farsi molle e la testa girarsi e fissare il muro senza vederlo.

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